Un viaggio nell’io dell’artista

Marta Zucchinali

Ciao, sono Marta e faccio l’artista.

Da quando ho iniziato mi son sempre data la libertà di rappresentare quello che volevo io, portando avanti una ricerca che, nell’ideazione e nella realizzazione, richiedesse una continua evoluzione di obbiettivi e miglioramenti.

All’inizio gli obbiettivi erano semplici, come il puro fatto di portare a termine un’opera. Poi con il tempo e guardandomi intorno, ho capito qual’era la mia direzione ed ho sentito il bisogno di salire i gradini per seguirla.

Lo slancio vero è arrivato quando, dal chiuso del mio laboratorio, ho iniziato ad uscire e lavorare nei simposi, davanti ai passanti ed a confronto con altri scultori. Ovviamente, ritengo essere comunque io la mia più grande critica. Ma nella mia ricerca, l’opinione degli altri è come la marmellata a colazione.

Dopo aver realizzato le prime sculture, il lavoro è diventato sempre più stimolante ed istintivo, ma mai facile, perché devo lavorare alternando due tipi di ragionamento che si contrappongono.

Uno è quello del fantasticare, di ideare, del sentirmi libera. L’altro è quello di concretizzare in forme.

I progetti a volte nascono da un’idea che “vedo” e rivedo. La studio in diverse soluzioni, poi la semplifico o la sviluppo in modi diversi; altre volte invece arriva all’istante, prima di iniziare a lavorare.

Ma una volta cominciata un opera, è come se per tutta la durata del lavoro la mente si svuotasse: mi concentro e non penso più ad altro che alla realizzazione, la libertà si elimina, le soluzioni e le varianti danno spazio ad una via che invece è a senso unico e senza deviazioni, verso la definizione delle forme. Alla resa delle superfici.


All’inizio, pensavo che la vera forma d’arte nascesse dalla sofferenza, vedendo i grandi artisti del passato raccontare la propria vita nelle loro opere, raccontando i disagi e il dolore.

L’angoscia e la costrizione erano le prime cose che mi colpivano e mi segnavano nelle forme e nei colori. Poi, dopo un periodo di rodaggio, in cui mi costringevo a vedere l’arte da questa prospettiva, non potevo più aspettare che mi succedesse qualcosa di brutto per raccontarlo.

L’unico modo per migliorare era allentare la pressione ed aprirmi verso l’inatteso.. ..ho aggiunto un gradino. Mi son lasciata andare: mi sono concentrata sulla vita di oggi e sulle cose che vivo io e le persone che mi stanno vicino. Sulle sensazioni di tutti i giorni, comuni alla vita dei nostri tempi. La via giusta per me è di raccontare quello che vedo, senza cercare motivazioni forzate.

Uno scultore amico, tempo fa, mi ha fatto riflettere dicendomi di pensare di rappresentare l’idea che avevo del profumo di un papavero. Cercare il modo per renderlo riconoscibile agli occhi degli osservatori. E’ stata una svolta. Sono tutti bravi a rappresentare i papaveri, ma l’idea del suo profumo.. ..significava spingermi oltre il perseguire la perfezione dell’imitazione.

Ho scoperto la semplicità dell’osservare. Ho iniziato a sentire la necessità di diventare un portavoce. Quello dell’essere la chiave per descrivere con le forme ed i colori tutto quello che ho di più vicino. Sperando di dare anche agli altri una sorta di chiave fantastica per vivere con un po’ più di speranza la propria vita.

Da allora, le forme che realizzo sono una via di mezzo tra l’astratto ed il reale. Così ho trovato la giusta strada che mi permette di vivere l’arte in qualsiasi direzione, raggiungendo una forma di linguaggio impulsivo ad esprimere l’emozione, la sensazione o l’idea di qualcosa.

E’ una ricerca che non avrà mai fine.

Ecco, questa sono io. Marta